Filosofia del testo
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Filosofia e teoria del testo Classe: LM-78, LM-78 R
- A.A. 2025/2026
- CFU 6, 6(m)
- Ore 30, 30(m)
- Classe di laurea LM-14,15, LM-78(m), LM-78 R(m), LM-84(m), LM-84 R(m)
Noi tutti abbiamo a che fare con qualche testo tutti i giorni e per molto tempo al giorno; la consuetudine col testo è per lo studente e per lo studioso una dimensione pervasiva. C’è chi ha coi testi un rapporto costante e consapevole; e chi, invece, si muove nella rete testuale in modo solo istintivo. Riconoscere un testo significa prendere una posizione rispetto ad esso. I testi pongono domande, danno risposte, interpellano. Una filosofia del testo può muovere solo da esercizi che rendano consapevoli le operazioni che si possono compiere in presenza del testo, davanti al testo.
Non esiste nel panorama attuale, né è mai espressamente esistita una Filosofia del Testo. Tuttavia, se essa si desse, dovrebbe anzitutto chiarire: (1) la natura del Testo in quanto oggetto di studio della filosofia; (2) il rapporto tra il fenomeno della "testualità" e quello della "enunciazione", infine (3) la relazione tra le nozioni di 'testo' diffuse in ambiti differenti (filologia, semiotica, antropologica culturale, genetica, etc.). Come trattare tutto questo in un Corso universitario?
Il nostro progetto prevede una ricognizione dei significati di 'testo' a partire dalle nozioni:
-- filologica: il testo come insieme di luoghi dove può manifestarsi una variante o un qualche fenomeno legato alla storia della tradizione;
-- linguistica: il testo (chiuso, aperto; limitato, illimitato) come luogo della manifestazione di una competenza del parlante e come struttura sintattico-semantica;
-- semiotica: il testo come ricostruzione di un percorso generativo del senso (livelli profondi, livello di manifestazione, testualizzazione);
-- antropologica: il testo come oggetto e/o processo culturale leggibile secondo i parametri delle diverse culture.
Successivamente, si lavorerebbe con esempi di testualizzazione. Ad esempio, si vorrebbe rispondere alla domanda "Può esistere una cultura senza testi?" o anche "Le culture orali posseggono testi?". In questione non è soltanto la dicotomia 'orale vs scritto', ma anche la dimensione libresca del testo nelle culture differenti.
Premessa
Ogni cultura umana può essere immaginata come una infinita raccolta di testi, o, in alternativa, come un meccanismo capace di generare infiniti testi. Ogni cultura umana affida ai testi la propria storia e la propria identità. V’è propriamente storia umana solo là dove il testo può radunare attorno a sé una comunità di lettori/performatori. Come le comunità, così anche i testi possono muoversi nello spazio: viaggiano, vengono tradotti, riscritti; ma i testi si muovono anche nel tempo: vengono trascritti, ricopiati, preservati, modificati ovvero semplicemente dimenticati.
I testi non sono i libri. Essi hanno a che fare con i libri, che spesso li “portano dentro”, ma non si sovrappongono a questi. Come persone, i testi circolano, ma a volte è difficile rintracciare i loro antenati o seguirli nei loro cammini. I testi sono dappertutto, anche dove non ti aspetteresti di trovarli. Per questo, anche le scienze faticano a definirli in modo unitario. Una filosofia del testo può svilupparsi proprio dalla difficoltà e dalla parzialità di ogni definizione del dispositivo testuale.
Noi tendiamo a dare per scontato che, come vi sono stati testi in passato, vi saranno ancora testi nel futuro. Ma cosa ci rende sicuri di ciò? In verità, la "Testualità" (ovvero la capacità di generare, interpretare e far circolare) testi non è una proprietà immanente a ogni sistema simbolico. Gli esseri più prossimi all'uomo sembrano esserne sprovvisti. E anche nella storia dell'uomo, la "dimensione del testo" appare assai tardi. Le origini della testualità sembrano avere a che fare con le origini della scrittura alfabetica. Ma oggi che i computers e le chat di AI hanno imparato a formulare parole solo per compiacere i loro utenti umani (non ci sono parole nel linguaggio-macchina di un automa), oggi potremmo essere vicini alla fine della esperienza testuale dell'uomo. Potremmo essere gli ultimi viventi in grado di redigere testi e/o di interpretare testi. Un po' come accade in un racconto di fantascienza di Isaac Asimov, dove una umanità futura ha disimparato le quattro operazioni aritmetiche, avendole lasciate svolgere soltanto ai calcolatori. E si ritrova incapace di pensare una aritmetica coi numeri.
Come immaginare una umanità senza testi? Per esempio, è possibile una politica senza testualità? Che religioni potrebbero sopravvivere senza la testualità? La vita umana senza testi non sarebbe prossima alla vita nella perfezione degli insetti? Una vita funzionale alla specie, dove ogni individuo è sacrificabile se la specie lo richiede. Andiamo forse verso una nazificazione della comunicazione umana?
Dalle scienze del testo alle arti del testo.
Il Testo non è il Libro; il libro è un oggetto, il testo no. Proponendo questa linea di indagine, la filosofia del testo accetta di mettere in discussione alcuni presupposti delle cosiddette scienze del testo. Non si tratta di rinunciare a quel che sappiamo da esse, ma di procedere oltre il già noto, per indagare la dimensione dell’evento, l’accadere del testo e il rapporto tra gli accadimenti testuali e i vissuti del lettore/performatore. Il programma è perciò suddiviso in due parti. Per un verso, si tratterà di descrivere quegli ambiti (come la filologia, la semiotica, la linguistica testuale) nei quali il testo occupa già un suo posto, o quale oggetto di studio, ovvero quale strumento dello studioso. Per altro verso, si tratterà di rivendicare alla filosofia (del linguaggio?) uno spazio e un ruolo che vorremmo capaci di illuminare il dispositivo testuale quale operatore (a) che genera forme di vita, (b) che apre l’esistenza singolare alle esistenze (di altre creature, di altri mondi o di sé come Altro da sé) e (c) che manifesta il possibile, appunto, come possibile.
Letture consigliate:
Marcello La Matina, Il testo antico. Per una semiotica come filologia integrata, L'Epos, Palermo 1994;
Idem, Il problema del significante, Carocci, Roma 2001;
Idem, Cronosensitività, Carocci, Roma 2004;
Idem, L'accadere del suono, Mimesis, Milano 2020;
Idem, Europa, ovvero Un Sogno fatto in Grecia, Mimesis 2025.
Gianfranco Marrone, Introduzione alla Semiotica del testo, Laterza, Bari 2020.
Ivan Illich, Nella vigna del testo. Per una etologia della lettura, Cortina, Milano 1994.
Antonio Milano, The Milman Parry Blues, a cura di Marcello La Matina, Diogene, Bologna 2023;
Il Cantico dei Cantici, a cura di Andrea Ponso, ilSaggiatore, Milano 2018.
N.B. -- I testi sopra indicati non costituiscono in alcun modo una prescrizione. Ricordo che gli studenti non frequentanti DEBBONO richiedere un programma individuale al Professore e che tale richiesta va avanzata entro e non oltre il 21 giorno dall'inizio di ogni semestre.
Altre informazioni / materiali aggiuntivi
CARI STUDENTI / STUDENTESSE:
Fareste un abbonamento a un canale televisivo di tennis, sapendo in partenza che non potrete mai vedere una partita? Paghereste un abbonamento alla stagione teatrale, sapendo già che nei giorni di spettacolo sarete al lavoro? Il buonsenso direbbe di no. Ma sembra che questo buonsenso non si debba applicare alla vita universitaria, dove un numero significativo di studenti/esse scelgono di inserire nel proprio carnet di "materie a scelta" un insegnamento che sanno già di non poter frequentare per nulla. Perché non scegliere un altro insegnamento, che, magari, ha orari più abbordabili?
Ovviamente, anche in questa materia si danno eccezioni ragionevoli alle quali dare ascolto. Per questo, ho pensato tanti anni fa di assegnare un programma (diverso per ciascuno) ai/alle non frequentanti che mostrino a colloquio un interesse sincero per la materia e dimostrino una qualche ??????. Ma ho posto una condizione, che qui desidero ricordare ancora una volta: il programma di studio per chi non si avvale dell'insegnamento dal vivo da sempre viene assegnato a inizio di ogni semestre, quando, cioè, iniziano anche le lezioni. E' sufficiente presentarsi nel mio studiolo o nell'aula di lezione e chiedere. Sono disponibile sempre. Fatelo a inizio settembre o a inizio febbraio. Ma non mi chiedete, per favore, in giugno o a Natale, qualcosa che suona come un'offesa verso tutte quelle studentesse e quegli studenti che, spesso con grande sacrificio, vengono ogni giorno alle mie lezioni e per di più studiano i testi che io assegno loro. Rispettate i Vostri colleghi e le Vostre colleghe. Magari scegliete altro; o, se non potete neppure questo, scegliete un insegnamento da frequentare in e-learning qui nel nostro Dipartimento di Studi Umanistici.
La lista delle letture consigliate non va intesa come "programma di studio".
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Nulla più che la risposta data a una studentessa può chiarire il mio metodo di insegnamento: la riposto qui sotto.
Gentile Studentessa,
grazie per la mail. Riassumo a Suo beneficio quel che dissi nei due incontri tenuti con gli studenti della futura classe. Sarebbe bene partecipare agli incontri futuri: avete una chat appositamente creata, dove io non metto piede per dar modo a voi di entrarci e chiedere quel che volete.
Le mie lezioni sono state autorizzate in modalità online; non ci sarà modalità mista, perché produce una partecipazione desultoria e poco utile. Le lezioni inizieranno la seconda settimana di febbraio.
Come partecipare? Ci si iscrive, certo, ma quel che conta è impegnarsi con lealtà e con continuità. Se si pensa di non poterlo fare, meglio chiedere di studiare dei libri. Per lealtà intendo la tutela della riservatezza di quel che diremo (voi e noi) a lezione; le lezioni sono pubbliche ma alla stessa stregua di un processo giudiziario: non sono ammessi perdigiorno, curiosi e soprattutto studenti con doppio fine. Inoltre, non si possono registrare le lezioni: solo il tutor può farlo se io lo concedo. Infine, non serve accumulare presenze per poi studiare negli ultimi 15 giorni prima dell'esame. Non funziona così.
Il mio insegnamento non trasmette nozioni. Non chiede risposte, ma vuole insegnare come si formulano e, se del caso, si possono riformulare le domande. È filosofia, è semiotica, non (con tutto il rispetto) diritto penale o anatomia patologica. Lì devi sapere le leggi e le ossa come prima cosa. Qui, come prima cosa, devi disimparare quel che sai, e solo allora comincerai a filosofare.
Un'ultima cosa: in filosofia non si può delegare a un quaderno o ad una videocassetta il compito di apprendere. Molti prendono appunti o si fanno passare le registrazioni per poi studiarle prima dell'esame. Non serve. Tempo perso. Meglio farsi un corso super-moderno con le slides e tutte le figate di internet... Io faccio lezione all'antica, per chi viene, per chi ritorna, per chi ha qualcosa dentro che gli rode. Non insegno perché qualcuno impari, ma perché è l'unico modo che conosco per trasmettere la mia passione e sperare così in un Paese migliore, in un mondo più giusto e più equo.
Le lezioni sono fatte per chi c'è; l'essenziale è esserci lì e in quel tempo in cui la lezione accade. Se una speranza abbiamo che la filosofia possa cambiare le nostre vite, essa è riposta nella accuratezza e nella passione con cui partecipiamo alla lezione. Ad ogni lezione. Ma soprattutto a quella che è in ogni momento "la lezione del momento".
Marcello La Matina
In particolare per questo anno.
L’indagine che prende a tema il “testo” aspira a coinvolgere, più che gli oggetti di indagine (libri, dipinti, balletti, concerti, esposizioni), soprattutto le operazioni che rendono il testo qualcosa di “presente per il lettore” – e possono aprire il lettore a quel futuro che il testo può annunciare. Vorrei che lo studio filosofico del testo assomigliasse a quelle pratiche o “esercizi filosofici” che si compivano nell’età ellenistica: esercitare l’attenzione, aspettare che il testo si manifesti oltre il suo “portatore”, attendere alla chiamata che il testo formula per ognuno.
L'esame è una cerimonia linguistica codi?cata nella quale, secondo tradizione, l'esaminatore opera una "perquisizione" intellettuale con domande dirette o indirette, al ?ne di quanti?care il livello di conoscenze posseduto dal discente. Dio sa quanto questo tipo di esame sia criticabile. Tuttavia, occorre prendere atto che la maggior parte degli studenti preferisce questa modalità ad altre, forse meno invadenti, forme di interazione pilotata. Sicché, l'esame sarà svolto con domande e risposte volte ad accertare il grado e la qualità delle competenze sviluppate attraverso la lezione e le letture consigliate. Lo studente, “ça va sans dire”, potrà richiedere forme alternative (presentare una relazione, elaborare creativamente gli appunti presi a lezione, etc.). In casi eccezionali, si potrà pensare a una valutazione in forma scritta, basata su risposte aperte. GLI STUDENTI FREQUENTANTI ESPORRANNO TEMI TRATTI DAL CORSO DELLE LEZIONI. Per gli studenti che decidono di non avvalersi delle lezioni, si tratterà di SCEGLIERE insieme al Docente qualcuna fra le letture consigliate sopra.
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