Semiotica dei linguaggi gastronomici
- A.A. 2025/2026
- CFU 6, 6(m)
- Ore 30, 30(m)
- Classe di laurea LM-2 R, LM-84(m)
Questo Corso vorrebbe introdurre lo studente alla sfera del gusto intesa come luogo di mediazione tra natura e cultura, tra interiorità ed esteriorità. Fin dal taglio del cordone ombelicale l'infante fa esperienza della relazione tra cibo e sensorialità, fra ricerca del nutrimento e ricerca del senso. Fra i prerequisiti che possono giovare a una migliore comprensione dell'istanza semiotica v'è certamente la capacità di ricostruire i paesaggi alimentari, di riconoscere il ruolo che la commensalità ha e ha avuto nella storia personale, familiare (anche religiosa) e in quella delle culture (dall'idioletto, al socioletto, alla lingua gastronomica).
Il gusto è il senso attorno al quale ruotano i linguaggi del cibo. Gustare è introdurre in noi quell'altro da noi che vogliamo rendere parte di noi. Il gusto è una frontiera e uno spazio di trasformazione del senso.
(1) Lo studio semiotico del gusto potrà prendere le mosse dai linguaggi che parlano del cibo, della cucina, dell'alimentazione: il cibo parlato mobilita considerazioni estetiche, economiche, spesso anche erotiche. Nel racconto del cibo emergono trasformazioni che racchiudono senso: la preparazione / consumazione; la separazione / condivisione; l'offerta / ricezione; il crudo / cotto, e così via.
(2) Un altro importante capitolo riguarda i luoghi del cibo e del mangiare, la prossemica: spazi comuni, spazi separati, spazi durevoli come i refettori e spazi transitori come nello 'street food'.
(3) Il cuore del nostro studio è però il linguaggio che porta il cibo a parlare: delle proprie origini, della cultura di cui è espressione, dell'articolazione dei rapporti fra individui, clan, gruppi sociali e politici (il cibo nelle mense e nelle feste di partito, nelle sagre).
(4) Poi c'è il cibo nella vita rituale: dai miti greci sul dono del grano, dell'ulivo o del vino, ?no alle prescrizioni e i divieti alimentari dei popoli semiti, e ?no al cibo kosher.
Not least, (5) alcuni cenni al cibo nella letteratura, nei romanzi di Camilleri o nelle serie televisive recenti.
Nota
IL programma è unico per tutti i Corsi di laurea e vale 6 CFU.
Presentazione
Il cibo è al centro di una serie di trasformazioni e di scambi, che non riguardano solo aspetti nutrizionali o dietetici. Il cibo è un potente vettore del senso. La Semiotica del Gusto aspira a cogliere le intersezioni di senso che orientano il percorso del cibo: dalla preparazione alla consumazione, dalla descrizione alla delibazione. Ciascuna di esse lascia traccia nelle sfere sociali. Vari linguaggi parlano oggi del cibo: la stampa, la tv, i social; ma il cibo è esso stesso un linguaggio che parla di sé e di altro: parla delle culture, della storia, delle distinzioni sociali, dei riti che gli uomini mettono in campo per condividere e negoziare le proprie istanze percettive: è il cibo che permette la costituzione di un corpo sociale. Vari sono i luoghi del cibo: la cucina, la tavola, la vetrina, il bistrot, il ristorante, la cantina, ma anche lo spazio sacro del sacri?cio, lo spazio pubblico della festa campestre.
Gianfranco Marrone
Semiotica del gusto. Linguaggi della cucina, del cibo, della tavola
Mimesis Milano 2020
Gianfranco Marrone e Alice Giannitrapani (eds)
La cucina del senso. Gusto, signi?cazione, testualità
Mimesis Milano 2012
Altre informazioni / materiali aggiuntivi
Nessuna
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Per chiarire il mio metodo didattico non trovo cosa migliore che riportare la mia risposta a una domanda di una studentessa:
Gentile Studentessa,
grazie per la mail. Riassumo a Suo beneficio quel che dissi nei due incontri tenuti con gli studenti della futura classe. Sarebbe bene partecipare agli incontri futuri: avete una chat appositamente creata, dove io non metto piede per dar modo a voi di entrarci e chiedere quel che volete.
Le mie lezioni sono state autorizzate in modalità online; non ci sarà modalità mista, perché produce una partecipazione desultoria e poco utile. Le lezioni inizieranno la seconda settimana di febbraio.
Come partecipare? Ci si iscrive, certo, ma quel che conta è impegnarsi con lealtà e con continuità. Se si pensa di non poterlo fare, meglio chiedere di studiare dei libri. Per lealtà intendo la tutela della riservatezza di quel che diremo (voi e noi) a lezione; le lezioni sono pubbliche ma alla stessa stregua di un processo giudiziario: non sono ammessi perdigiorno, curiosi e soprattutto studenti con doppio fine. Inoltre, non si possono registrare le lezioni: solo il tutor può farlo se io lo concedo. Infine, non serve accumulare presenze per poi studiare negli ultimi 15 giorni prima dell'esame. Non funziona così.
Il mio insegnamento non trasmette nozioni. Non chiede risposte, ma vuole insegnare come si formulano e, se del caso, si possono riformulare le domande. È filosofia, è semiotica, non (con tutto il rispetto) diritto penale o anatomia patologica. Lì devi sapere le leggi e le ossa come prima cosa. Qui, come prima cosa, devi disimparare quel che sai, e solo allora comincerai a filosofare.
Un'ultima cosa: in filosofia non si può delegare a un quaderno o ad una videocassetta il compito di apprendere. Molti prendono appunti o si fanno passare le registrazioni per poi studiarle prima dell'esame. Non serve. Tempo perso. Meglio farsi un corso super-moderno con le slides e tutte le figate di internet... Io faccio lezione all'antica, per chi viene, per chi ritorna, per chi ha qualcosa dentro che gli rode. Non insegno perché qualcuno impari, ma perché è l'unico modo che conosco per trasmettere la mia passione e sperare così in un Paese migliore, in un mondo più giusto e più equo.
Le lezioni sono fatte per chi c'è; l'essenziale è esserci lì e in quel tempo in cui la lezione accade. Se una speranza abbiamo che la filosofia possa cambiare le nostre vite, essa è riposta nella accuratezza e nella passione con cui partecipiamo alla lezione. Ad ogni lezione. Ma soprattutto a quella che è in ogni momento "la lezione del momento".
Marcello La Matina
Ripeto ancora una volta il mio punto di vista. L'esame andrebbe svolto, secondo me, come una presentazione nella quale lo studente mostra di saper condurre una esposizione di livello elevato, su un argomento liberamente scelto o pattuito con l'esaminatore. Poiché, però, questo non sembra possibile, o non sempre possibile, si ritorna alla formula dell'esame tradizionale: la "perquisizione" intellettuale fatta di domande e risposte. A richiesta dello studente, si potrà sempre attivare la modalità "espositiva", rinunciando a quella, per dir così, escussiva.
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