Care e Cari!
martedì 22 e mercoledì 23 settembre prenderanno il via i Corsi di «Filosofia del testo» e «Filosofia della Voce». Sono Corsi che chiunque può frequentare. In particolare, sciolgo l'equivoco che riguarda la seconda delle due discipline. «Filosofia della Voce» può essere frequentata da tutte e tutti (Lettere, Lingue, Mediazione, Giurisprudenza), anche se figura tra gli insegnamenti del corso triennale di Filosofia. In passato, tuttavia, ho avuto tanti studenti di Lettere e di Filologia moderna. Sicché, vi aspetto per iniziare un semestre fin dalla prima lezione tutte e tutti insieme, con entusiasmo.
Il momento storico che viviamo raccomanda l'esercizio del pensiero critico. Non possiamo chiudere gli occhi davanti alla catastrofe umanitaria, culturale, politica, ambientale che ci sovrasta e che richiama noi all'esercizio di un umanesimo non stucchevole, non elitario, non compiaciuto. Dobbiamo diventare umani, come ci spiega Timothy Morton invitandoci a ripensare la condizione umana come qualcosa che non coincide con l' "androleucoeteropetrolmodernità", ossia con quella umanità bianca che grazie alla deforestazione e a pratiche violente di agrilogistica ha mutato l'aspetto del pianeta fino a determinare uno stress che sembra doverci condurre alla fine dell'Antropocene.
Che significa "avere una voce" nello scenario di un mondo che non è più così solido come Aristotele lo immaginava? E cosa significa "essere un Testo" in un universo culturale che tende alla liquidità delle conoscenze e che del testo conserva soltanto la natura di "palinsesto"? In un certo senso, noi non facciamo che riscrivere, sovra-scrivere: la struttura memetica della cultura ha destrutturato le principali nozioni cui la scuola (e spesso anche l'Università) ci aveva abituato: autore - lettore - testo - comunità letteraria, che significano ora, nell'era dello "sciame digitale" (Byung-Chul Han)?
I due Corsi che ora iniziano non sono un omaggio all'accademia, ma il tentativo -- folle, estremo e forse fallimentare -- di sparigliare le carte, di sovvertire con la passione incendiaria di chi ama che la vita sia in ogni creatura, l'edificio moribondo delle humanities così come sono oggi praticate innanzi tutto e perlopiù. Noi lavoriamo perché qualcosa come una umanità possa nascere dalle spoglie dell'ipersoggetto androleucocratico, oggi incarnato nei potentati che fioriscono in ogni continente.
Avere voce. Essere un testo. Forse c'è ancora qualcosa che il pensiero può in difesa della vita, del senso, della pace.
Marcello La Matina
22 settembre 2025